La mia città è aperta

Si parla spesso del «cuore grande di Bergamo». Un modo di dire un po’ banale forse, ma che certo racchiude, in poche parole, alcuni dei valori che mi rendono più orgoglioso di essere bergamasco. Perché la nostra è una città aperta al nuovo, pronta ad accogliere persone, culture e idee. Lo è da sempre e lo deve essere soprattutto oggi. Non abbiamo mai avuto paura di sostenere chi è più fragile, portando in giro per il mondo le nostre energie, le nostre competenze e soprattutto i nostri valori. Adesso lo stiamo facendo a casa nostra, chiedendo in cambio il rispetto delle persone e delle regole. Stiamo imparando a farlo giorno dopo giorno, ma sono fortemente convinto che il futuro nasca anche dal dialogo tra le diversità.

Sergio Gandi guarda un murales artistico.

Per questi motivi sono particolarmente orgoglioso dell’attenzione al sociale che la nostra Giunta ha dimostrato di avere in questi cinque anni, tagliando le spese di gestione della macchina comunale (con una media di un milione di euro all’anno) per poter destinare maggiori risorse ai servizi. E sono fiero di poter dire che i grandi risultati ottenuti nella lotta all’evasione fiscale ci hanno permesso di implementare i finanziamenti dei progetti in ambito sociale. Abbiamo gestito con efficienza il reddito di inclusione, prima forma di contrasto alla povertà, e siamo tra i pochi Comuni che stanno tentando di dare una risposta concreta al tema dell’integrazione con un progetto di accoglienza attiva innovativo qual è l’Accademia per l’Integrazione.

La mia città sarà ottimista

Del resto, una città è fatta di persone. E per noi le persone vengono prima di tutto, indipendentemente dalle loro origini o dai loro orientamenti sessuali e religiosi. Come ha detto giustamente Giuseppe Sala, sindaco di Milano, l’integrazione è una fatica. Non è semplice, non è automatica. Ma quando la si raggiunge ci si scopre più forti e più ricchi. Per questo integrare culture lontane e diverse nella nostra società sarà uno stimolo e un dovere. E questo non vale soltanto per chi arriva da Paesi lontani, ma anche per chi già vive a Bergamo e si sente escluso. Vogliamo valorizzare il ruolo attivo e la partecipazione alla vita della città degli over 65, che rappresentano il 25% della popolazione, sviluppando percorsi che permettano loro di interfacciarsi con le nuove generazioni, che vanno invece spinte a mettersi maggiormente in gioco per Bergamo. Per pensare al futuro bisogna guardare al presente. E noi possiamo farlo con ottimismo.

Sergio Gandi e la sua famiglia sulle mura di Bergamo.